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al testo di Ivan Pozzoni
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Guardi fuori dalle nostre due finestre e non t’accorgi d’aver costruito un muro, in stile etrusco, dalla velocità sembravi un muratore bergamasco, e mi continui a chiedere di ballarci sopra un tango elettrico, con equilibrio instabile, in bocca, come argentino asettico, steli di rose rosse, facendomi sputare denti e spine, rigurgiti di tosse.
Contro il tuo muro si infrange ogni messaggio, nella bottiglia, rifiuti ogni mio sintomo d’ebbrezza scansando a muso duro ogni carezza, inconscia che, finiti i vuoti a rendere, mi dovrò arrendere insofferente a barattar dieci minuti d’ansimo con vitalizi d’alcolista anonimo.
Se dici che non vuoi una «storia», donna assediata da voci adulatorie, a che ti serve il mio cuor da cantastorie votato a trasformar conquiste in rotte, tu, novella Dulcinea (io Don Chisciotte), desiderosa solo d’ottenere in dote un nuovo amico sacerdote.
Electrotango, tango di tormento che carichi i miei versi a sentimento smussata nel tuo abbraccio ogni diffidenza, abbatti il muro dell’indifferenza, o, memore d’avermi sempre accordato cose turche costringimi a ballar, con altre, lubriche mazurche.
[Carmina non dant damen, 2012] |
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